È correggibile la sentenza solo quando è necessario integrare un elemento mancante o eliminare un errore non omissivo, sempreché venga introdotta solo una statuizione obbligatoria consequenziale o accessoria al ragionamento già espresso dal giudice. In ogni caso la correzione deve manifestarsi unicamente nell’esplicazione di un’attività amministrativa e non può mai tradursi nell’esercizio di un nuovo e non consentito potere decisorio. Così la sentenza della Cassazione, prima sezione civile, n. 2815-16 (Pres. Di Palma, Rel. Nazzicone) depositata venerdì scorso.
La vicenda
Una donna, a seguito del deludente risultato ottenuto da un investimento consigliatole dalla sua banca, riguardante obbligazioni emesse da un investitore istituzionale poi fallito, la cita a giudizio rivolgendo domanda al giudice per ottenere la risoluzione per inadempimento dell’investimento a suo tempo effettuato e la condanna della banca al risarcimento del danno patito. La banca si oppone provando davanti al giudice l’elevata propensione al rischio della propria cliente, come risulta dalla scheda informativa da questa sottoscritta, in base alla quale dopo avere preso visione delle caratteristiche dell’investimento propostole ella acconsentiva senza indugio ad effettuare l’investimento, dando debito sul proprio conto corrente. Il Tribunale rigetta la richiesta della donna, che allora propone ricorso in appello. Il giudice di secondo grado rigetta il gravame ma commette un errore nella compilazione della sentenza, abbinandola al contenuto motivazionale di un’altra sentenza emessa nello stesso giorno. La banca, resasi allora conto dell’errore dopo il deposito della sentenza, ne richiede espressamente la correzione al Collegio giudicante. La Corte d’appello, dopo avere nuovamente sentito le parti, dispone con ordinanza la correzione della sentenza attraverso l’integrale sostituzione delle sue pagine, eccezion fatta per l’epigrafe. La donna non demorde e si rivolge in Cassazione eccependo preliminarmente la nullità della sentenza di secondo grado per avere, a suo dire, la Corte d’Appello utilizzato, in mancanza dei presupposti di legge, il procedimento di correzione materiale della sentenza con la sostituzione delle parti relative a “svolgimento del processo”, “motivazione” e “dispositivo” della sentenza originaria. E la Corte di Cassazione accoglie il ricorso per i seguenti motivi:
• in primo luogo per correggere una sentenza occorre che si renda necessario, per la sua comprensione, l’inserimento degli elementi mancanti, potendosi ammettere altresì la correzione integrativa di qualsiasi errore, anche non omissivo con l’introduzione di una statuizione obbligatoria consequenziale o anche di una statuizione obbligatoria accessoria in grado di meglio evidenziare il ragionamento già espresso dal giudice;
• in secondo luogo la correzione può tradursi nell’esplicazione di un’attività sostanzialmente amministrativa, in grado di non fare emergere un nuovo ulteriore esercizio dell’attività giurisdizionale in quanto, diversamente potrebbe trattarsi proprio di esplicazione di un nuovo e non consentito potere decisorio.
Pertanto, conclude la Corte, se il giudice nel redigere la sentenza riferita ad un’epigrafe pertinente abbia poi fatto seguire “svolgimento del processo”, “motivi della decisione” e “dispositivo” appartenenti ad una diversa controversia, non gli è più consentito modificarla con il procedimento di correzione di errore materiale previsto dagli articoli 287e seguenti del Codice di procedura civile in quanto, così facendo, egli pone in esecuzione un’inammissibile attività volitiva potenzialmente in grado di incidere sulla portata concettuale e sostanziale della decisione.
Nel caso esaminato la corte d’Appello, dopo il deposito della sentenza, ha effettuato una correzione non consentita in quanto la sentenza originaria, in base al suo contenuto, non permetteva di fare comprendere in quale modo il giudice intendeva decidere e le ragioni della sua decisione. Non sussisteva dunque alcun errore materiale correggibile ex articoli 287 e seguenti del Codice di procedura civile non trattandosi di ovviare ad un difetto di corrispondenza tra il pensiero del giudice e la sua materiale rappresentazione grafica come risulta dal testo quanto piuttosto di un vizio per cui si rendeva necessaria la sostituzione congiunta di fatto, diritto e dispositivo.
Fonte: Il sole 24 ore del 18/02/2016