Emendamento del Governo mette in discussione l’Articolo 18 per tutte le assunzioni e apre a demansionamento e controllo a distanza dei dipendenti: contenuti e reazioni.
La parola “neoassunti” invece che “inserimento nel mondo del lavoro” nell’articolo 4 (riforma dei contratti) della Delega sul Lavoro apre la strada al superamento dell’Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori in tutti i contratti: è contenuta in un emendamento del Governo sul nuovo contratto unico a tutele crescenti, che rende anche possibile il demansionamento ed il controllo a distanza dei lavoratori. Una rivoluzione delle attuali tutele, a cui le aziende reagiscono con soddisfazione mentre i sindacati preparandosi allo sciopero generale. La Commissione Lavoro del Senato ha comunque approvato il provvedimento nel nuovo testo, che approderà in Aula il 23 o 24 settembre.
Addio Articolo 18
Testo originario: «l’introduzione, eventualmente in via sperimentale, di ulteriori tipologie contrattuali espressamente volte a favorire l’inserimento nel mondo del lavoro, con tutele crescenti per i lavoratori coinvolti».
Emendamento: «previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio».
La differenza fra le due stesure del secondo capitolo del Jobs Act è notevole. Nel primo caso le tutele crescenti si applicavano solo all’inserimento nel mondo del lavoro (giovani al primo impiego). Nel secondo si estende a tutti i contratti di assunzione, compreso il reinserimento di un disoccupato. Significa che per un determinato periodo di tempo (ipotesi di tre anni) qualunque contratto non sara coperto dall’Articolo 18 (sostituendo il reintegro in caso di licenziamento senza giusta causa con un’indennità economica proporzionale all’anzianità di servizio. Il Governo accoglie quindi la proposta di Ncd (Nuovo Centro Destra) e Scelta Civica in quanto a interpretazione di “tutele crescenti”: l’emendamento non lo esplicita ma nei fatti va in questa direzione. Il Pd avrebbe invece voluto togliere la tutela dell’articolo 18 solo ai giovani al primo impiego per i primi tre anni di contratto.
Demansionamento
L’emendamento del Governo introduce anche (lettera c, comma 1, articolo 4,) la possibilità per l’azienda di modificare le mansioni di un dipendente, ammettendo il demansionamento oggi vietato dall’articolo 2103 del Codice Civile, oggetto dell’articolo 13 dello Statuto dei Lavoratori:
«revisione della disciplina delle mansioni, contemperando l’interesse dell’impresa all’utile impiego del personale in caso di processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale con l’interesse del lavoratore alla tutela del posto di lavoro, della professionalità e delle condizioni di vita, prevedendo limiti alla modifica dell’inquadramento».
Controllo a distanza
C’è anche un’altra novità di rilievo: la lettera d dell’articolo 4 prevede la «revisione dei controlli a distanza, tenendo conto dell’evoluzione tecnologica e contemperando le esigenze produttive ed organizzative dell’impresa con la tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore». Si va a toccare il divieto di utilizzare impianti audiovisivi e altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dei lavoratori, previsto dall’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, pur nella “tutela della dignità e riservatezza del lavoratore”.
Salario minimo
Viene sostanzialmente riproposto il testo originario con l’introduzione, eventualmente in via sperimentale, di un salario orario minimo per dipendenti e collaboratori coordinati e continuativi, previa consultazione con le parti sociali. Unica modifica: il salario minimo di applica solo ai settori che non sono già regolati da contratti collettivi: dove c’è un contratto controfirmato dalle parti, insomma, continuerebbe a prevalere quello.
Sindacati
Come prevedibile, le reazioni sono infuocate. Tuona la segretaria della Cgil Susanna Camusso, riferendosi all’emendamento e al discorso del premier sul programma dei Mille Giorni in Parlamento: Il Governo, «invece di affrontare i problemi su come intervenire su condizione di lavoro e crisi economica, ha messo al centro l’idea di ridurre i diritti». «Non si possono avere lavoratori di serie A e di serie B, purtroppo la scelta è quella di rendere tutti i lavoratori di serie B».
Incalza Maurizio Landini, segretario Fiom (metalmeccanici Cgil): «non si può usare il contratto a tutele crescenti per cancellare l’Articolo 18, altrimenti si tratta di una presa in giro».
La Cgil propone una mobilitazione unitaria agli altri sindacati confederali e annuncia che elaborerà: «una proposta sullo Statuto dei Lavoratori e sulla qualità dei diritti che devono essere ugualmente garantiti a tutti i lavoratori dipendenti, oltre ad un’ipotesi sul contratto a tutele crescenti».
Il segretario della Cisl Raffaele Bonanni si esprime a favore di un contratto a tutele crescenti, che però deve servire a «far fuori tutte le truffe in cui sono incappati i giovani». Simile la posizione di Luigi Angeletti, leader Uil, favorevole alla riforma del lavoro ma non all’abrogazione dell’Articolo 18. L’Ugl parla di «preciso intento di abbattere un valore e una conquista del sindacato, indebolire la posizione dei lavoratori di domani e la loro possibilità di essere rappresentati, oltre a tradire un’assoluta assenza di politica industriale».
Imprese
Di segno diametralmente opposto i commenti delle imprese. Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria, dice «sì ai contratti a tempo indeterminato, ma non possiamo più permetterci alcune tutele inserite nell’Articolo 18», il cui superamento viene definito «molto positivo». Confcommercio non entra nel merito della questione licenziamenti, ma di fatto esprime apprezzamento per ogni misura che vada «nella direzione di una revisione organica dello statuto dei lavoratori», che faccia scendere il costo del lavoro, e che semplifichi le tipologie contrattuali senza tradursi in «restrizioni sulla flessibilità in entrata».
Politica
Sul fronte politico, «piena soddisfazione» da parte del capogruppo di Ncd al Senato, Maurizio Sacconi, per un testo che «raccoglie le forti sollecitazioni poste da tutti i moderati dell’area di governo». Sul fronte Pd, il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, ritiene che l’emendamento del governo lasci aperte molte interpretazioni, e sottolinea: «il nostro parere su alcuni contenuti è completamente diverso, a partire dal tema dell’articolo 18». Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti si limita a dire che l’Esecutivo punta a un «mercato del lavoro più equo, dove tutti abbiano il giusto grado di opportunità e di tutele».
Fonte: http://www.pmi.it/